“Were you there when they crucified my Lord? Were you there when they crucified my Lord? Oh, sometimes it causes me to tremble, tremble, tremble. Were you there when they crucified my Lord?” (C’eri tu alla croce di Gesù? C’eri tu alla croce di Gesù? Oh! Questo pensier fa si ch’io pianga, pianga, pianga. C’eri tu alla croce di Gesù?)
Così cantava uno spiritual afro-americano composto alla fine dell’800 ricordando le innumerevoli sofferenze delle donne e degli uomini africani che avevano sperimentato la schiavitù e continuavano a sperimentarla nel nord America. Esprimeva la compassione di credenti davanti alla testimonianza di un amore senza confini e senza limiti testimoniato da Gesù sulla croce. “Avendo amato i suoi li amò sino alla fine”, ci ha ricordato ieri sera il Vangelo della messa della lavanda dei piedi. Ma non c’era solo la compassione nei confronti di Gesù, c’era anche il desiderio di condividere il loro dolore di persone oppresse dalla schiavitù, ma non vinte, di persone violate nella dignità dalla cattiveria umana ma che non avevano perso la consapevolezza di essere amate da Dio. Un incontro, quello davanti alla croce, fra poveri che si capiscono con uno sguardo, che si intendono solo con una parola, senza aver bisogno di fare lunghi sproloqui, che sono del mondo dei cosiddetti sapienti. Un poeta italiano, cantautore d’altri tempi, si sperimentò a narrare il Vangelo e raccontò in una maniera molto simile a quello che cantava lo spiritual, la passione di Gesù e la sua via crucis. Scriveva: “Il potere vestito d’umana sembianza, ormai ti considera morto abbastanza e già volge lo sguardo a spiar le intenzioni degli umili, degli straccioni. Ma gli occhi dei poveri piangono altrove, non sono venuti a esibire un dolore che alla via della croce ha proibito l’ingresso a chi ti ama come se stesso.” I poveri -ci fa capire il testo del canto- sono tenuti lontani dai potenti perché, se da una parte fanno comodo perché utili a produrre, dall’altra possono essere pericolosi se trovano il coraggio di gridare ad alta voce l’ingiustizia di cui sono vittime. In ogni caso sono amici di Gesù, e anche la loro assenza forzata non impedisce loro di vibrare alle stesse frequenze di Colui che ha saputo amare tutti, smascherando l’ipocrisia di chi accoglierebbe con piacere a casa sua un giocatore di calcio africano e plurimilionario, ma non ha versato una lacrima davanti ai migranti di Steccato di Cutro sostenendo che… “la vita purtroppo è così”.
Ecco, alla croce di Gesù ci sono stasera le amiche e gli amici di cui abbiamo ascoltato le storie. Storie di povertà che assume di volta in volta una qualifica particolare. Povertà che è esperienza di sottovalutazione per Luca, esperienza di pregiudizio di cui rendiamo vittime gli altri perché non sono inquadrabili nella cornice di un cliché di bellezza, di forma fisica, di progressione temporale degli studi. Povertà di chi trova solo consiglieri saccenti e mai uno che sappia ascoltare davvero come è successo ad Antonio, di chi non si accorge della tristezza che hai negli occhi e del deserto che sperimenti nel cuore, di chi si sente giudicato per il proprio orientamento sessuale e non accolto, di chi ha un cattivo rapporto col cibo. Alla croce di Gesù ci sono tutti quelli che non si sentono adeguati alle richieste dei social, che spinge il nostro orgoglio e il nostro narcisismo fino al massimo, ma solo per poterci tenere tutti in pugno, per convincerci che Super woman e Superman non ci diventeremo mai. Alla croce di Gesù ci sono tutte e tutti quelli che hanno ancora paura ad andare dentro se stessi, perché la propria intimità li spaventa; ma non hanno ancora trovato qualcuno con cui poter fare questo viaggio, quello più difficile, quello verso il centro della propria esistenza. Davanti al crocifisso ci sono tutti i suicidi, accolti come Giovanni dalla mamma di Gesù, e accarezzati più degli altri, perché hanno potuto conoscere l’amore di Dio solo quando hanno aperto gli occhi davanti a lui. Ma alla croce di Gesù ci sono anche coloro che hanno sperimentato un anticipo di resurrezione, un anticipo di salvezza: li abbiamo ascoltati nelle testimonianze di Viola e di chi ha conosciuto l’ascolto e l’accoglienza nelle comunità in cui si esce dalla droga grazie al supporto degli altri, perché “nessuno di noi è un’isola” e “siamo tutti sulla stessa barca”. Di chi davanti al crocifisso si è aperto ad una prospettiva altra, quella che ci viene dal Vangelo e che talora ci fa sperimentare le vertigini davanti alle proposte paradossali che ci suggerisce.
Grazie a coloro che hanno preparato questi testi: non sono teoria, non sono accademia, ma storia vera. Storia viva davanti alla quale nessuno di noi ha il diritto di esprimere giudizi. Possiamo solo accogliere e custodire nel cuore, come un frammento di Vangelo che il Signore, stasera, consegna nelle nostre mani.
Ascoltiamo ancora la testimonianza di Simone Cristicchi, diventata canzone; che ognuno di noi, resosi povero davanti a Gesù sulla croce, possa sperimentare la bellezza vertiginosa di passare dalle tenebre alla luce, insieme a lui, dal Venerdì santo alla Pasqua di Resurrezione.
“Nel lungo viaggio dalle tenebre alla luce ho attraversato dubbi e terre desolate, seguendo traiettorie sconosciute perdendo la mia essenza chissà dove.
La vetta è solo l’altra faccia dell’abisso, per sprofondarci dentro basta solo un passo; ma quando ero sul punto di precipitare mi camminavi accanto senza far rumore.
E ho provato a raggiungerti ovunque senza riuscire a possederti mai; nella perfezione dei dettagli e nelle coincidenze ho provato a vivere nel mondo senza per questo appartenergli mai evitando la mediocrità e le inutili apparenze.
Se il buio è solo allontanarsi dalla luce nel mare del silenzio sento la tua voce; Se tutto si trasforma e nulla muore dal seme che marcisce nasce il nuovo fiore. E ho imparato a riconoscerti ovunque senza riuscire ad afferrarti mai.
Ma ho capito che non c’è distanza né separazione.
Ho imparato a vivere nel mondo senza per questo appartenergli mai. Ma ho trovato amore in ogni cellula della creazione.
Nel lungo viaggio dalle tenebre alla luce camminerai al mio fianco senza far rumore”
+ Giovanni Checchinato