
Caro Ellacu,
quindici anni dopo il tuo martirio ti scrivo di qualcosa che mi sembra importante e necessario: “tornare a Gesù di Nazaret”. La necessità per la Chiesa è evidente; e per noi cristiani, oltre che una necessità è certamente una benedizione. Ma penso che possa anche essere molto utile che Gesù si renda presente nel nostro mondo, anonimamente o in qualsiasi altra forma, perché il mondo ha urgente bisogno di una nuova linfa per vivere. Cercherò di spiegarmi meglio più avanti. Ricorderai che da giovani abbiamo imparato che, quando i santi volevano rinnovare la chiesa e guarirla dai suoi mali, tornavano sempre a Gesù e alla sua sequela. San Francesco d’Assisi non voleva essere altro che un repetitor Christi e Sant’Ignazio di Loyola chiedeva insistentemente “di conoscere intimamente il Signore che per me si è fatto uomo, perché più lo ami e lo segua” (Esercizi Spirituali, n. 104). “Tornarono” a Gesù e ciascuno di loro ha scatenato una “rivoluzione” che è arrivata fino ai giorni nostri. (Jon Sobrino, Scrivo a te fratello martire. Lettere a Ignacio Ellacuría).
Ho iniziato l’omelia con questa citazione di un libro di Jon Sobrino, un teologo spagnolo naturalizzato salvadoregno, perché vi trovo in qualche maniera la cifra capace di presentare il pontificato di Papa Francesco. Certamente il futuro sarà capace di far decantare le singole scorie che possono aver disturbato l’immagine del Papa, e sono sicuro che quando questo succederà, tanti si sentiranno come quelle persone che si sono fermate a guardare il dito di qualcuno piuttosto che guardare la direzione che questo dito indicava. Mi soffermo su tre dimensioni per raccontare qualcosa del Papa: la sua passione per la storia, la sua apertura allo Spirito, la percezione del cambiamento di epoca in corso.
Il suo essere latino americano lo ha posto in una condizione particolare come credente, abituato dalle esperienze delle comunità ecclesiali di base a far diventare la storia il luogo teologico per eccellenza, lì dove Dio si rivela e ci chiama ad essere costruttori del suo regno che è regno di giustizia di amore e di pace. Per poter compiere questa operazione abbiamo bisogno di attivare lo stesso discernimento di cui ci ha parlato la prima lettura presa dal Libro degli Atti. Pietro e Giovanni sono stati incarcerati a causa della guarigione dello storpio alla porta Bella del tempio, ma poi rilasciati perché il Sinedrio aveva paura della folla. Alla domanda dei fratelli su che cosa fosse successo Pietro risponde rileggendo la Scrittura alla luce degli eventi che riguardano Gesù. Dopo aver citato il salmo 2 dice: “davvero in questa città Erode e Ponzio Pilato, con le nazioni e i popoli d’Israele, si sono alleati contro il tuo santo servo Gesù, che tu hai consacrato, per compiere ciò che la tua mano e la tua volontà avevano deciso che avvenisse”. Ma poi il discernimento continua e li riguarda, quando Pietro afferma: “E ora, Signore, volgi lo sguardo alle loro minacce e concedi ai tuoi servi di proclamare con tutta franchezza la tua parola, stendendo la tua mano affinché si compiano guarigioni, segni e prodigi nel nome del tuo santo servo Gesù”. Compiono l’operazione del discernimento chiamando i fatti e le persone con il nome e il cognome, accettando la possibile persecuzione -che è già in atto contro di loro- ma chiedendo al Signore il dono della parresia, quel coraggio apostolico di cui hanno bisogno. E l’operazione è così riuscita che succede addirittura una nuova Pentecoste: “Quand’ebbero terminato la preghiera, il luogo in cui erano radunati tremò e tutti furono colmati di Spirito Santo e proclamavano la parola di Dio con franchezza”. Il Pontificato di Francesco ci ha aiutato a caricarci della storia che viviamo, e non solo all’interno dei nostri recinti, ma a farci carico della storia di tutti perché è anche la nostra storia. In qualche misura Francesco ha incarnato il Vaticano II quando ci ricordava che “le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini d’oggi, dei poveri soprattutto e di tutti coloro che soffrono, sono pure le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce dei discepoli di Cristo, e nulla Vi è di genuinamente umano che non trovi eco nel loro cuore” GS 1 … e che “sbagliano coloro che, sapendo che qui noi non abbiamo una cittadinanza stabile ma che cerchiamo quella futura, pensano che per questo possono trascurare i propri doveri terreni, e non riflettono che invece proprio la fede li obbliga ancora di più a compierli, secondo la vocazione di ciascuno”. GS 43
La seconda dimensione è l’apertura allo Spirito secondo le esigenze proprie dello stesso Spirito, così come ci raccontava il brano dell’incontro di Gesù con Nicodemo. Gesù dice a Nicodemo: “Il vento soffia dove vuole e ne senti la voce, ma non sai da dove viene né dove va: così è chiunque è nato dallo Spirito”; lo dobbiamo riconoscere, siamo poco abituati a pensare alla nostra fede come un dono che si rinnova costantemente, che si pone come pungolo per rinnovare la storia di ogni tempo e di ogni luogo, assumendo nuovi linguaggi dove necessita, senza cambiare essenza, identità. In fondo è anche più comodo, e ce lo siamo detto tante volte, fare come sempre si è fatto, decretando un periodo storico particolare il migliore di tutti, anche dal punto di vista della fede. Ma ci ricorda Qoelet 7,10: “Non dire: “Come mai i tempi antichi erano migliori del presente?”, perché una domanda simile non è ispirata a saggezza”. E la sapienza di Vincenzo di Lerino tanti secoli più tardi rispetto a Qoelet, ci insegna: “Qualcuno forse potrà domandarsi: non vi sarà mai alcun progresso della religione nella Chiesa di Cristo? Vi sarà certamente e anche molto grande. Chi infatti può esser talmente nemico degli uomini e ostile a Dio da volerlo impedire?” Il magistero di papa Francesco ha incarnato in maniera radicale l’ascolto della Scrittura, accettando il rischio di aprire piste inesplorate. Francesco si è fidato dello Spirito che, come ci rendicontano gli Atti, ha accompagnato la prima comunità cristiana di fronte a delle sfide nei confronti delle quali non esistevano documenti o procedure collaudate (penso alla sostituzione di Giuda, alle strategie di fronte alla persecuzione e al martirio, l’apertura o meno ai gentili). Una frase di Papa Francesco che aiuta a comprendere il suo stile: “Ancora si dibatte sulla divisione tra “progressisti” e “conservatori”, ma questa non è la differenza: la vera differenza centrale è tra “innamorati” e “abituati”. Questa è la differenza. Solo chi ama può camminare» (Papa Francesco, Auguri natalizi alla Curia Romana 2023)
L’ultima dimensione, la consapevolezza del cambiamento di epoca: nel discorso alla Curia Romana il 21 12 2019 affermava: “perché quella che stiamo vivendo non è semplicemente un’epoca di cambiamenti, ma è un cambiamento di epoca. Siamo, dunque, in uno di quei momenti nei quali i cambiamenti non sono più lineari, bensì epocali; costituiscono delle scelte che trasformano velocemente il modo di vivere, di relazionarsi, di comunicare ed elaborare il pensiero, di rapportarsi tra le generazioni umane e di comprendere e di vivere la fede e la scienza. Capita spesso di vivere il cambiamento limitandosi a indossare un nuovo vestito, e poi rimanere in realtà come si era prima… L’atteggiamento sano è piuttosto quello di lasciarsi interrogare dalle sfide del tempo presente e di coglierle con le virtù del discernimento, della parresia e della hypomoné. Il cambiamento, in questo caso, assumerebbe tutt’altro aspetto: da elemento di contorno, da contesto o da pretesto, da paesaggio esterno… diventerebbe sempre più umano, e anche più cristiano. Sarebbe sempre un cambiamento esterno, ma compiuto a partire dal centro stesso dell’uomo, cioè una conversione antropologica”. Abbiamo bisogno -come dice Gesù a Nicodemo di “rinascere dall’alto”, perché non si compie questa operazione una volta per tutte, ma ogni giorno, con l’aiuto dello Spirito, per poter riconoscere la presenza del Signore, qui e ora, come ci raccomandava sant’Agostino quando scriveva: “Ho timore di Cristo quando passa”. “Timeo Dominum transeuntem”.
Grazie al Signore per il dono di Papa Francesco, della sua vita ritmata dal vangelo, dalla profezia della pace, dall’amore per gli ultimi e i poveri, gli unici e veri grandi amici di Gesù a cui va la lode nei secoli dei secoli. Amen