Perché questa notte è diversa da tutte le altre notti? 

Notte Santa di Pasqua

Comincia così la cena Pasquale della tradizione ebraica, e la domanda è posta al capofamiglia dal più piccolo della casa. Abbiamo bisogno di dare senso a quello che facciamo, e il perché insistente dei bambini che talvolta ci mette a dura prova, ci ricorda che anche noi “cosiddetti” adulti abbiamo bisogno di dare senso, di cercare spiegazioni al “nuovo”, all’”inaspettato”, al “paradossale” che capita nella nostra vita.

 Abbiamo bisogno di dare senso a ciò che esiste e che prima non c’era: Ce lo ricordava la prima lettura, raccontandoci di un mondo che è stato prodotto non dal nulla, ma da una Parola d’Amore, da un Dio che ama la vita, e ama tutto ciò che la vita esprime nella sua infinita varietà. Un Dio che non solo crea, ma che condivide con gli esseri umani la cura per la vita del futuro dell’umanità e la cura per il creato. Ed era cosa molto buona, dice il testo sacro! Che senso ha tutto questo se non l’amore infinito e gratuito di un Dio che ci chiama alla vita con sovrabbondanza? Scriveva sant’Agostino: “Cerca il merito, la causa, la giustizia di questo, e vedi se trovi mai altro che grazia”.

Abbiamo bisogno di dare senso all’inatteso e all’impossibile secondo le nostre povere conoscenze: cosa c’è di più inatteso di un mare che si apre e faccia camminare gli uomini a piedi asciutti? Cosa c’è di più assurdo che sfidare le leggi della fisica, della chimica, della matematica, della scienza in genere? Cosa c’è di più incredibile di un gruppo di poveri straccioni, costretti a vivere nella schiavitù, come gli ebrei alla corte del faraone d’Egitto che trova il modo di farla in barba a uno degli imperi più potenti del mondo allora conosciuto 13 secoli prima di Gesù Cristo? Legàti a doppia mandata alle logiche dei nostri saperi non ci rendiamo conto di esserci costruiti degli idoli che ci comandano, e a cui volentieri ci assoggettiamo, perdendo la bellezza della nostra libertà e della bellezza del nostro universo interiore che non passa per la scienza, ma passa per lo stupore, la poesia, la bellezza, l’amore…

Abbiamo bisogno di dare senso alla vita che cambia; ricordava una canzone di tanti anni fa: “Cambia ciò che è superficiale e anche ciò che è profondo cambia il modo di pensare cambia tutto in questo mondo. Cambia, tutto cambia”. E le esperienze negative che ci portiamo dentro ci portano a tirare un sospiro di fastidio e a fare contatto con tutto il mondo dei nostri desideri delusi… tutto cambia, purtroppo… e invece la lettura di Ezechiele ci dice che tutto cambia “grazie a Dio”! Il nostro Dio che non si smentisce nel mostrarsi con l’infinita fantasia e creatività che è l’essenza della sua identità ed è capace di cambiare il cuore di pietra in un cuore di carne. Capace di cambiare un cuore che conosce solo il gelo della legge in un cuore che gioisce nel cercare il bene nei luoghi più reconditi del mondo, anche quelli in cui nessuno cerca. Analogamente al “perché questa notte è così diversa da tutte le altre notti”, potremmo chiederci perché qualcuno potrebbe decidere di cambiare nella sua vita? Si cambia perché ci si sente amati e corrispondentemente si ama: sì, l’Amore è capace di muovere il sole e le altre stelle e anche di s-muovere il cuore degli uomini, e Dio ha scelto di farsi presente dove l’amore si attiva e produce movimento e cambiamento… capace di trasformare un pezzo di pietra in un cuore pieno di sangue caldo. 

Abbiamo bisogno di dare senso alla libertà, dono che riceviamo in germe e non in pienezza e che abbiamo bisogno di coltivare con cura ed attenzione perché non succeda che rimanga seme e non divenga pianta fruttifera. Ci ricordava san Paolo nell’Epistola: “l’uomo vecchio che è in noi è stato crocifisso con lui, (il Cristo) affinché fosse reso inefficace questo corpo di peccato, e noi non fossimo più schiavi del peccato”. Possiamo dare senso alla nostra libertà se la annaffiamo con abbondanti dosi di Vangelo ascoltato e vissuto; se abbiamo il coraggio di fidarci più di quello che ci dice Gesù con la sua vita che di quelle che sono le nostre deduzioni logiche. Abbiamo bisogno di trasformare la libertà in dono d’amore, provando a passare dalla logica del piacere a quella del dono. La logica del piacere non è sbagliata! Tutti siamo passati per questa fase nella nostra vita, quando nei primi mesi della nostra vita le uniche variabili che conoscevamo erano piacere e dolore. Ma poi siamo cresciuti e abbiamo imparato a dilazionare il bisogno e scoprendo così il desiderio; abbiamo imparato il bene e il bello di una relazione, anche difficile, ma che riempiva la nostra vita; abbiamo imparato a gustare il bene, così come si mostrava, anche nelle sue imperfezioni, e a superare la logica del tutto bene subito e come lo voglio io… Siamo tentati di rimanere piccoli, e di considerarci il centro del mondo e di confondere la libertà con la tirannia nei confronti degli altri. Un dono d’amore ricevuto, quello della vita di Gesù, ci insegna a fare altrettanto nei confronti degli altri, secondo le stesse parole del maestro: “Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la sua vita per coloro che ama”. Non c’è amore più grande, non c’è libertà più grande di questa, donare la propria vita. 

Abbiamo bisogno di dare senso ad un sepolcro vuoto che mette in crisi tutte le nostre convinzioni. Quando questo succede una possibile reazione è la paura. Ce lo descrive molto bene l’evangelista Matteo, sottolineando questa emozione forte nel cuore delle donne che vanno al sepolcro. Di fronte alla vista dell’angelo hanno paura e all’annuncio della risurrezione –annota ancora l’evangelista- hanno bisogno di essere rassicurate “Voi non abbiate paura!”. Il testo continua a riferirci che le donne abbandonarono il sepolcro “con timore e gioia grande” In poche righe di vangelo numerosi sono i riferimenti allo spavento e allo stupore. A tutto c’è rimedio, alla morte non c’è rimedio, dice una sentenza popolare. E questo è quanto è radicato ben profondamente dentro di noi e quando qualcuno ci testimonia che è possibile fare una lettura diversa di questo fatto, spesso ci comportiamo come le donne, ne abbiamo paura. Eppure il mistero che celebriamo stanotte ci fa diversi da tutti gli altri uomini e donne di questo mondo perché ci rende temerari a tal punto da dover dire che la morte non è l’ultima parola, così come non è ultima ogni parola che viene pronunciata sulla terra, fosse anche dalla persona più importante della terra, o più sapiente o più giusta o saggia. Gesù che vince la morte risorgendo dal sepolcro ci mostra che non esiste “sepolcro esistenziale” che non possa conoscere la redenzione, la resurrezione. Non c’è vita sbagliata che non possa diventare santa, non c’è cuore indurito che non possa diventare caldo d’amore, non c’è peccato che non posa trovare il perdono, non esiste diversità che non possa essere integrata, non c’è sepolcro che non possa mostrare il Cristo vittorioso, oltre le nostre attese, ben al di là delle nostre speranze. 

Dio non si vergogna della bassezza dell’uomo, vi entra dentro (…) Dio è vicino alla bassezza, ama ciò che è perduto, ciò che non è considerato, l’insignificante, ciò che è emarginato, debole e affranto; dove gli uomini dicono “perduto”, lì egli dice “salvato”; dove gli uomini dicono “no”, lì egli dice “sì”. Dove gli uomini distolgono con indifferenza o altezzosamente il loro sguardo, lì egli posa il suo sguardo pieno di amore ardente e incomparabile. Dove gli uomini dicono “spregevole”, lì Dio esclama “beato”. Dove nella nostra vita siamo finiti in una situazione in cui possiamo solo vergognarci davanti a noi stessi e davanti a Dio, dove pensiamo che anche Dio dovrebbe adesso vergognarsi di noi, dove ci sentiamo lontani da Dio come mai nella vita, proprio lì Dio ci è vicino come mai lo era stato prima. Lì egli vuole irrompere nella nostra vita, lì ci fa sentire il suo approssimarsi, affinché comprendiamo il miracolo del suo amore, della sua vicinanza e della sua grazia.

E questa è resurrezione.

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