Notte di Natale

Le celebrazioni più suggestive della chiesa si collocano nel cuore della notte: a Natale e a Pasqua i cristiani si incontrano per pregare insieme mentre è buio. Un buio che per noi è addolcito dalla presenza della luce elettrica, ma che doveva essere –nei secoli passati- ancora più suggestivo. Così la liturgia ci invita a far tesoro non solo della parola di Dio e della presenza eucaristica, ma a far tesoro anche dei ritmi del tempo nel quale siamo inseriti, perché anch’esso veicola la presenza e l’annuncio di Dio. E questa notte, la liturgia della parola cominciava con l’annuncio solenne di Isaia: “Il popolo che camminava nelle tenebre ha visto una grande luce”. È il popolo di Israele che vede la grande luce della salvezza del Signore che si fa storia, che vede un desiderio compiersi, che vede realizzarsi un sogno. Non sono certamente le tenebre della notte esteriore, ma quelle della notte interiore, quella di un popolo che a lungo oppresso da schiavitù e deportazioni inizia a pregustare la gioia della libertà e della vita vissuta in pienezza. Non ci sono però solo le tenebre del popolo, ma anche quelle di ognuno di noi, quelle zone di buio e di ombra che stanno nel nostro cuore e che impediscono di vedere il bene, di gustarlo perché lo rendono meno percepibile e desiderabile. Queste tenebre interiori hanno tanti nomi e ognuno può riconoscere quello che più gli corrisponde: forse è la delusione per situazioni o persone, forse un lutto, forse una malattia, la preoccupazione per la famiglia, il lavoro, lo studio, il futuro… forse la consapevolezza dei nostri peccati… forse qualcosa ancora… Anche per noi viene annunciata questa profezia: anche noi siamo un popolo a cui è offerta la speranza della salvezza che è come la luce nel buio e che ci dà la possibilità di guardare adeguatamente di fronte a noi e di prenderci la responsabilità di fare passi corrispondenti per la nostra salvezza e la nostra realizzazione di persone credenti. E nel Vangelo che abbiamo ascoltato, la narrazione della nascita del Signore secondo Luca, ci viene ricordato che questa luce che illumina le tenebre è arrivata con la nascita di Gesù: Un angelo del Signore si avvicina ai pastori e “la gloria del Signore li avvolse di luce”. Se nel testo di Isaia c’era la promessa di una luce che si avvicinava, qui il vangelo ci dice che questa promessa in Gesù è diventata realtà, una realtà così bella e presente che è capace di avvolgerci con il suo splendore. Abbiamo bisogno di chiederci se questo nostro Natale 2023 è davvero una luce che ci avvolge di splendore, come è successo ai pastori e a tutti coloro che hanno davvero incontrato il Signore. Dobbiamo ammettere con un po’ di vergogna, forse, che il nostro modo di pensare e di vivere come cristiani, si è uniformato con quello della mentalità del tempo e che invece di essere annunciatori di speranza, indicatori di una luce che sta per arrivare, anzi, che è già arrivata e che addirittura ci avvolge, siamo in fila con gli altri a manifestare le nostre lamentele, a custodire i nostri confini personali e di proprietà, a questionare sui dettagli delle cose, a fare i profeti di sventura e diventare così le persone più insopportabili del pianeta. Così, invece che essere avvolti di luce da offrire agli altri, diventiamo tutti indaffarati a coprire la luce con le nostre logiche, le nostre sapienze, i nostri modi di fare… Ma non sarà che questa luce che viene dall’alto, invece che donarci la gioia ci infastidisce? Quando eravamo bambini e i nostri genitori ci chiedevano di andare a fare un piccolo servizio in una stanza non illuminata, sentivamo paura e chiedevamo che fosse accesa una luce. Ma non starà capitando che da adulti invece di avere paura del buio abbiamo paura della luce? E che magari mettiamo in atto tutte le strategie possibili per nascondere la luce? Perché la luce che viene a darci salvezza e a tirarci fuori dalle tenebre ci fa un gran favore, se vogliamo, ma mette sotto il suo potente riflettore tutto di noi, anche le cose che ci piacciono di meno della nostra vita personale, familiare, sociale ed ecclesiale, e così via. La luce del Signore che viene in mezzo a noi a Natale, anzi viene in noi, ci permette prima di tutto di vedere il bene: possiamo avere mille tesori rinchiusi in una stanza, ma se la stanza è buia il tesoro racchiuso in uno scrigno prezioso è solo un oggetto che mi è d’impiccio e potenzialmente pericoloso perché se non lo vedo posso inciampare contro di esso. Solo se faccio entrare la luce mi posso rendere conto di cosa ho davanti e posso apprezzarne la consistenza. La luce della Parola che si fa carne mi aiuta prima di tutto a vedere, ad apprezzare, a gustare il bello e il buono che c’è, dentro e fuori di me. Il virus della svalutazione, invece, mi sa far vedere solo quello che non funziona o non è secondo le mie attese, e mi rende antipatico, pesante, e sicuramente contro-testimone della luce che viene a salvarmi. Ma la luce che mi raggiunge come dono dall’alto mi fa vedere anche i miei limiti: anche qui possiamo essere aiutati dall’esempio della stanza buia: fino a che è così non mi rendo conto di tutta la polvere che ha accumulato nel tempo; se lascio entrare la luce vedo non solo la polvere che si è accumulata sui mobili ma anche quella che gira per l’aria. Qualche volta la paura di essere messi a nudo dalla Parola del Signore che rivela i nostri limiti e difetti, che ci dice che siamo poveri cristiani come tutti, ci spinge a mettere il silenziatore a questa parola, a coprirla con le tenebre dei nostri ragionamenti, dei nostri comportamenti, dalle nostre logiche. Il Natale, ci dice la seconda lettura, ci insegna a “vivere in questo mondo” secondo un progetto che ci dà salvezza, che ci fa donne e uomini nuovi in un mondo invecchiato dal male e dall’errore. Le logiche del potere, dell’apparire, del giudicare senza pietà, del farsi i fatti propri e altro ancora sono tenebre che vengono messe in ridicolo dalla luce del Natale: in un bambino che nasce in una capanna c’è l’esatto contrario del potere, dell’apparire, del giudicare, del farsi i fatti propri. Nella nostra vita, nelle nostre parrocchie, nella nostra città come siamo testimoni di questa novità di vita che il Natale ci viene a portare? Non è difficile che si insinuino in ciascuno di noi quelle sottili tentazioni che ci fanno cambiare nome alle cose, e le stesse logiche tenebrose che stanno alla base della divisione fra le persone, fra le famiglie, nella stessa chiesa vengano spacciate come virtù. E l’amore per la verità diventa giudizio spietato nei confronti degli altri, l’amore per la giustizia diventa arma terribile della vendetta, l’amore per il quieto vivere acquiescenza che calpesta la voce della coscienza. Non questo ci è venuto a portare il “Dio con noi” nato a Betlemme duemila anni fa; non questo ci viene a portare il “Dio con noi” che nasce nel nostro cuore se glielo permettiamo. Ma un nuovo modo di vivere fatto di Vangelo, in cui c’è solo spazio per il potere che si fa servizio, per la verità che si fa attenzione al bisogno dell’altro prima che alle mie rivendicazioni, per l’essere veri con se stessi e con gli altri oltre ogni apparenza, ma soprattutto per l’essere amore donato perché ricevuto in quantità smisurata da parte di Dio, vera luce che irrompe nelle tenebre attraverso suo Figlio Gesù. A lui sia gloria nei secoli dei secoli. Amen. 

 

+ Giovanni Checchinato

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