Potenza - Cattedrale

Messa Addolorata

1° anniversario morte mons. Nolè

Saluto e ringrazio il caro confratello Mons. Salvatore Ligorio per l’invito che mi ha fatto a presiedere questa eucaristia in cui, oltre a venerare la santa Vergine Addolorata, ricorderemo il caro mons. Francesco Nolè, originario di questa Arcidiocesi e Arcivescovo di Cosenza Bisignano, chiamato dal Signore alla pienezza del Regno dei Cieli un anno fa.

La festa dell’Addolorata è molto presente nel sentire del popolo cristiano: incarna benissimo la nostra storia di donne e uomini e di cristiani che hanno bisogno di dare un senso alla propria vita, alla propria sofferenza, alla morte. Davanti all’esperienza del dolore e della morte ci manca il fiato, le nostre parole diventano poche o scompaiono del tutto. Di fronte poi alla scomparsa di una persona cara percepiamo che di fronte al dolore ogni parola risulta inadeguata, talora anche invadente. E se guardiamo Maria davanti alla croce, secondo il testo del Vangelo di Giovanni che abbiamo appena ascoltato, ci rendiamo conto che in questa situazione anche la Madre di Gesù non ha detto neanche una parola. E Giovanni annota semplicemente “stava”. Maria c’era. Non c’era Pietro, a cui Gesù aveva affidato l’incarico di custodire i suoi fratelli nella fede, non c’era Tommaso, che aveva detto qualche ora prima “andiamo anche noi a morire con lui”, non c’erano gli amici, eccetto Giovanni. Ma c’era Maria. Lei stava lì. Davanti alla croce. La nostra superbia intellettuale e morale ci fa pensare che possiamo essere noi stessi solamente nella misura in cui facciamo qualcosa, secondo l’assioma così praticato nel nostro tempo “io sono quello che faccio”. Ci sono però delle situazioni in cui non solo noi non possiamo fare niente, ma nessuno può fare niente. Chissà quante volte, davanti al dolore e alla sofferenza di una persona cara, ci siamo resi conto di non poter fare nulla, sentendo tutta la frustrazione legata a questa posizione. Ma se davvero volevamo bene a quella persona ci siamo inventati ogni cosa per poterle stare vicino, offrirle un po’ di sollievo, darle una carezza, accompagnarla con un sorriso. Esserci. Stare. Un vescovo spagnolo qualche settimana fa è andato su tutti i giornali perché al giornalista che lo intervistava diceva: «Credo profondamente che il nostro Dio non sia Harry Potter, che viene a risolvere le cose. Egli però fa qualcosa che solo Dio può fare, quando stiamo male: rimane lì, non so quante l’ho visto»

Cosa avrà pensato Maria davanti alla croce? Certamente quello che potrebbe pensare ogni mamma che vede il proprio figlio appeso ad un patibolo per malfattori, un figlio che sta per morire fra dolori indicibili. Ma nella mente e nel cuore di Maria saranno riemersi, prepotenti, ricordi del passato. La vita serena e senza particolari episodi a Nazareth, la fatica a comprendere la partenza di Gesù da casa, la opposizione dei nazaretani quando Gesù era andato in sinagoga… e tanto altro. Ma più di tutto fa male al cuore un ricordo lontano, una promessa ricevuta e che si palesava con tutta la solennità del caso, detta da un messaggero celeste: “tuo figlio sarà grande e chiamato Figlio dell’Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine”. Che ne è di quella promessa? Maria non può non aver pensato di essersi illusa: quella in fondo era solo una promessa, mentre un figlio appeso alla croce che sta morendo è il dato di fatto che i suoi occhi vedono. O, ancora peggio, Maria può arrivare a pensare che il Signore non sia fedele alle sue promesse e alle sue parole. Ciononostante è lì, presente, accetta quello che gli amici e le amiche sanno offrirle: un po’ di compassione, un po’ di amicizia, la mano sulle spalle che sorregga un po’ la sua schiena rotta dalla fatica e ancor più dal dolore, qualche parola buona, per quello che serve. Ma accanto a tutto questo, possiamo pensare che nel cuore di Maria, non si sia mai spenta una luce che lasciava aperta una porta alla speranza; una speranza che sa di paradosso, di assurdità, quasi di pazzia… Dio è più grande delle mie logiche e delle mie convinzioni, deve aver pensato Maria, e così come mi sono fidata di lui quando ho detto “Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola”, continuo a dire: Eccomi, sono qui. Mi fido di quanto Isaia a nome del Signore continua a dirmi: “Perché i miei pensieri non sono i vostri pensieri, le vostre vie non sono le mie vie – oracolo del Signore. Quanto il cielo sovrasta la terra, tanto le mie vie sovrastano le vostre vie, i miei pensieri sovrastano i vostri pensieri.” Lo stare di Maria è fatto di umanità, ed è fatto di fede. 

Dopo questa scena in cui incontriamo Maria, è solo l’evangelista Luca che ci racconta di Maria con gli Apostoli nel cenacolo, mentre prega con loro nell’attesa della Pentecoste. C’è un vuoto di narrazione fra la croce e la Pentecoste e le Scritture non ci forniscono elementi. Ma la tradizione non scritta riporta alcune illazioni che pensano Maria presente anche al sepolcro il mattino della risurrezione. Un canto abbastanza recente raccoglie questa tradizione e fa proseguire lo “stare” di Maria anche davanti al sepolcro. Maria affronta la morte e la sepoltura del figlio facendosi presente e vivendo questi momenti di tenebre con la luce di una piccola lampada, quella della fede, capace di rischiarare quanto i nostri poveri occhi non sono capaci di vedere. Ed è così che il suo grembo di mamma, freme davanti alla croce e continua a fremere davanti al sepolcro, offrendole la sicura certezza che nulla è impossibile a Dio e che la vita del figlio suo che è uscita dal suo grembo uscirà anche dal grembo della terra dove, come chicco di grano caduto in terra, è pronto a risorgere. 

Recita il testo del canto: Figlio mio, tu sei qui, sanguina ancora il tuo perché. Scende la spada nel cuore, scende sul mondo la notte. Qui sul mio grembo come agnello svelato sei qui. Sono qui, qui con te, niente può farti male ormai. Non urla più l’uragano, tutto lo strazio è lontano. Qui sul mio grembo deh! Un’ultima volta sei qui. Ed ora ti porteranno via strappandoti da me, ma qui sul mio grembo resterà la tua impronta figlio ed il sangue tuo su di me. Ora Dio, figlio mio, l’ultimo bacio che ti do ti porta tutto l’amore di chi non trova parole per dirti grazie e per chiedere la tua pietà. Ed ora ti porteranno via strappandoti da me ma figlio non t’abbandonerò e davanti al sepolcro sbarrato, lì, io starò. Ed ora ti porteranno via, in piedi aspetterò finché da quel grembo nascerai e per sempre vivo mi porterai lì con te. 

A Maria che ha accompagnato il Figlio con la sua presenza e la sua maternità affidiamo anche l’anima di padre Francesco Nolè, figlio devoto della Vergine Maria, nel giorno del ricordo del suo pio transito da questo mondo al Padre. E a lei chiediamo il dono di una fede vera, come la sua, che l’ha resa capace di essere la prima e vera discepola del suo Figlio. 

 

+ Giovanni Checchinato

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