Memoria Beata Elena Aiello

Una particolarità del racconto evangelico appena ascoltato è contenuta in una frase che ci lascia immaginare uno sguardo, intensissimo, quello che Gesù fa al suo interlocutore: “Allora Gesù fissò lo sguardo su di lui, lo amò”. Se ci fermiamo un attimo possiamo guardare da osservatori esterni questo sguardo e poi provare a metterci noi nei panni di questo personaggio che incontra il Maestro lungo le vie della terra di Israele e sentirlo rivolto a noi… non è uno sguardo come altri già sperimentati, composto di curiosità, di approvazione o disapprovazione, di stima o di biasimo. E’ uno sguardo pieno di amore, uno sguardo capace di sciogliere tutte le resistenze interiori che ci abitano, uno sguardo capace di arrivare fin nelle profondità del nostro cuore e della nostra memoria di vita e che potrebbe metterci anche in difficoltà, turbarci nella nostra intimità apparentemente violata e che invece ci arriva come una carezza dolcissima, senza svalutazioni, senza giudizi, perché pieno di amore appunto. Questo sguardo però -con l’interlocutore di Gesù- non raggiunge il suo obiettivo; questo personaggio, invece di lasciarsi inondare dal tesoro di grazia di cui era destinatario, si lascia andare a cercare giustificazioni per la sua vita passata e futura. Ha posto una domanda a Gesù, una domanda che sembra bellissima e interessante, quasi rivelatrice di un desiderio più che consistente che abita la sua vita… il desiderio dell’Assoluto o, come dice lui, “della vita eterna” …, ma in realtà non ci crede fino in fondo, vuole solo qualcuno che lo confermi in qualcosa che ha già deciso -da solo- nel suo cuore. Un uomo agiato, senza grossi problemi, con le strade spianate davanti, che desiderava trovare un senso, una direzione alla propria esistenza e che invece si incarta con il proprio narcisismo e con la convinzione che si possa diventare “tutto” senza accettarsi “parte”. Ma non ci riesce, non ha le motivazioni sufficienti. Diceva qualcuno “Chi cerca davvero qualcosa, trova una strada; gli altri, una scusa”. Una occasione mancata di incontro, una grazia sciupata, un desiderio inconsistente capace solo di farti passare da una scelta ad un’altra, senza raggiungere mai la meta: questa la sorte del nostro amico chiamato tradizionalmente “il giovane ricco”. 

Provo a leggere, alla luce di questa pagina di Vangelo, alcuni episodi della nostra beata Elena Aiello e scopro che la sua vita non era affatto facile: orfana di mamma giovanissima, non può dedicarsi allo studio, e deve sobbarcarsi delle incombenze di casa, ciò che tante bambine della sua età facevano nei primi anni del secolo ventesimo. C’è comunque come un filo rosso che accompagna la sua vita di credente rappresentato dalla esperienza della croce che raggiunge forme di fatica particolarmente difficili da sopportare e a cui dare un qualche senso, umano o religioso. Esperienze di dolore spirituale e materiale che la mettono in una condizione molto diversa rispetto a quella del protagonista del brano evangelico: il benessere da una parte e la povertà dall’altra, la scienza da una parte (il modo di esprimersi del giovane ricco mostra una capacità acquisita di mettersi in gioco con un Rabbi del tempo, segno di una formazione culturale) e dall’altra parte una formazione che rasenta l’analfabetismo, da una parte la possibilità di scegliere un futuro avendo tutte le possibilità a disposizione, dall’altra il doversi sottomettere alla situazione disagiata e drammatica  della sua famiglia e del suo tempo. Eppure la situazione finale è radicalmente diversa: Madre Elena esprime la bellezza di una vita compiuta e realizzata, il giovane ricco la triste testimonianza di una vita sciupata. Se ci chiediamo il perché, forse possiamo trovare almeno un indizio in quello sguardo che Gesù ha rivolto al giovane ricco lungo le strade di Israele duemila anni fa, ma che continua a rivolgere ad ognuno di noi anche oggi; quello sguardo ha folgorato il cuore e la vita di Madre Elena ed ha rappresentato il centro preciso del suo cuore, della sua mente, della sua volontà, di tutto il suo essere. Ed è così che piano piano, nella sua vita non solo lo sguardo di Gesù prende forma nel suo cuore, ma tutta la vita di Gesù e la sua persona diventano esperienza che si radicalizza non solo nella fede ma anche nel suo corpo. Il dono totale di Gesù sulla croce colpisce particolarmente Elena, anche a causa delle numerosissime prove fisiche e spirituali che deve affrontare: ma lo sguardo di Gesù che la raggiunge e la ama la spinge a voler diventare sempre di più come lui. È Gesù il suo Maestro: fedele al Padre suo fino ad essere deriso per la sua integrità di vita e la sua intimità con lui (io e il Padre mio siamo una cosa sola, dirà un giorno), era capace di una apertura radicale nei confronti di tutti, accogliendo il bene che sta nel cuore di ogni uomo e donna della terra (chi non è contro di noi è per noi!), ma anche pronto a capire, a perdonare, addirittura a scusare. Emblematico a questo proposito quanto dice mentre pende dalla croce, inchiodato con due malfattori e irriso dai suoi crocifissori: “Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno”. Una prospettiva di vita controcorrente rispetto al pensiero comune, più attestato a pretendere molto dagli altri, ma a riconoscersi il diritto a tante deroghe quando si tratta dei nostri diritti, dei nostri bisogni, delle cose che riconosciamo appartenerci… Solo l’intimità stretta col Signore, la radicalità della sequela con cui ci mettiamo dietro a lui, ci permettono di compiere questa operazione che ci vede esigenti con noi stessi e misericordiosi con gli altri. E davanti a questo insegnamento del Maestro, come fare a dire di no? Ecco che la forma di Cristo che è già presente per la fede nel suo cuore prende forma anche nel suo corpo, attraverso l’esperienza mistica delle piaghe della passione che accompagnano la sua vita, fino alla morte. Scriveva Leonardo da Vinci: “Movesi l’amante per la cosa amata, se la cosa amata è vile, l’amante si fa vile. Quando l’amante è giunto all’amato, là si riposa. Quando il peso è posato, lì si posa.” Dietro a questa esperienza di Elena non c’è altro che la storia di uno sguardo accolto e ricambiato che diventa volontà di sequela. E la sua vita, come quella di Gesù, vissuta nella radicalità evangelica, è diventata balsamo di misericordia per tutti coloro che l’hanno incontrata e per tutti coloro che, ancora oggi attraverso il ricordo di lei, ne trovano grandi benefici. La intimità con Dio, che prepara ed abilita a vivere in maniera sobria ed essenziale, preoccupandosi in maniera limitata di se stessi, perché sbilanciati nello sforzo di donare l’amore ricevuto nel cuore degli altri, fa sì che a tanta essenzialità corrisponda, in maniera direttamente proporzionale, tanto amore verso gli altri, a tanta fatica per la propria vita altrettanta disponibilità (h24 si dice oggi) per gli altri, così come Madre Elena ha vissuto. 

Vogliamo rendere grazie e gloria al Signore per questa santa della nostra terra e chiediamo alla intercessione della Beata Elena Aiello le grazie spirituali e materiali di cui abbiamo bisogno per la nostra Chiesa locale e per la chiesa universale, lodando il Signore perché in lei ci dona un esempio fulgido di Vangelo accolto e vissuto nella storia. 

+ Giovanni Checchinato

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