Diaconato fr. Gianluca. Bisignano

Alla vigilia del giorno in cui celebriamo la festa di san Francesco di Assisi, nel giorno del suo pio transito al cielo, celebriamo questa eucaristia durante la quale frà Gianluca riceverà l’ordinazione diaconale. Siamo invitati a contemplare Francesco attraverso la lente del Vangelo per individuare se e in che misura anche noi, nella nostra posizione di vita, possiamo fare altrettanto. Sappiamo infatti che quando prendiamo sul serio il Vangelo e Gesù Cristo diventiamo, magari inconsapevolmente, iniziatori di un cambiamento radicale per la chiesa e per il mondo. Scriveva Jon Sobrino, teologo sudamericano: “da giovani abbiamo imparato che, quando i santi volevano rinnovare la chiesa e guarirla dai suoi mali, tornavano sempre a Gesù e alla sua sequela. San Francesco d’Assisi non voleva essere altro che un repetitor Christi e Sant’Ignazio di Loyola chiedeva insistentemente “di conoscere intimamente il Signore che per me si è fatto uomo, perché più lo ami e lo segua” (Esercizi Spirituali, n. 104). “Tornarono” a Gesù e ciascuno di loro ha scatenato una “rivoluzione” che è arrivata fino ai giorni nostri.”

La dimensione che vorrei sottolineare per prima è la “piccolezza”. E’ presente in maniera significativa nelle parole di Gesù che abbiamo ascoltato: “Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli.” Sappiamo bene che questa dimensione è in totale controtendenza al nostro tempo, alle nostre latitudini, così affannati come siamo a cercare l’eccezionale, l’appariscente, il numericamente significativo… Ciò che è piccolo è apprezzato -al limite- come dimensione naif di questa o quella realtà… ma certamente nessuno ci tende più di tanto. Eppure la Scrittura ci tramanda l’informazione di una particolare predilezione di Dio per ciò che è piccolo. Nazareth, villaggio della Galilea dove avviene -secondo l’evangelista Luca- l’annunciazione, non è nominato neanche una volta dall’ Antico Testamento. La maggior parte della vita di Gesù avviene nel silenzio e nel nascondimento. I suoi compagni sono illustri sconosciuti, spesso gente di basso profilo umano e sociale. La lettura del popolo rispetto agli eventi che riguardano la prima comunità cristiana è spesso distorta e messa da parte (basti pensare al commento che si sente il giorno di Pentecoste: “Si sono ubriacati di mosto!”). La svolta che spinge radicalmente alla apertura la chiesa avviene ad Antiochia ad opera di persone di cui non sappiamo il nome. La logica di tutto questo ha provato a raccontarcela san Paolo quando dice “Dio ha scelto ciò che nel mondo è stolto per confondere i sapienti, Dio ha scelto ciò che nel mondo è debole per confondere i forti, Dio ha scelto ciò che nel mondo è ignobile e disprezzato e ciò che è nulla per ridurre a nulla le cose che sono, perché nessun uomo possa gloriarsi davanti a Dio”. (1 Cor 1,27-29) E Francesco lo aveva capito, lui che aveva fatto diventare la consapevolezza della sua piccolezza quasi un titolo di onore e di riconoscimento nei suoi scritti come ad esempio nel suo testamento: “Ed io, frate Francesco piccolino, vostro servo, per quel poco che io posso, confermo a voi, dentro e fuori questa santissima benedizione” (FF 131). E nella lettera i fedeli conferma: “Io, frate Francesco, il più piccolo servo vostro, vi prego e vi scongiuro nella carità che è Dio, e col desiderio di baciarvi i piedi, che queste parole e le altre del Signore nostro Gesù Cristo, con umiltà ed amore le dobbiate accogliere ed attuare e osservare” (FF 206).

La seconda è “conoscere”: “nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo”. Abbiamo però bisogno di chiederci “come” conosciamo. Possiamo leggere la storia con lo sguardo superficiale di chi non sa coglierne che gli aspetti esterni, valutabili, misurabili secondo criteri estetici, economici, politici… Quando il nostro vedere si ferma a questi livelli minimali, non c’è posto né per incontrare l’uomo, né tantomeno per Dio. La dimensione che mi conduce realmente all’ingresso della conoscenza del Signore è la “contemplazione”. Solo chi sa contemplare con sguardo sempre nuovo e incantato la realtà si dà il permesso di aprirsi al dono della fede a cui ogni realtà creata rimanda. È colui che sa trasfigurare ogni realtà perché è capace di leggere in essa il germe di redenzione che porta con sé, inscritta nel suo nucleo centrale e più profondo: è il profeta che sa leggere una nuova fioritura dove ancora c’è deserto e aridità “Ecco faccio ora una cosa nuova, proprio ora germoglia, non ve ne accorgete?”, è il carisma di colui che vede già il nuovo che emerge in un mondo affaticato e diviso: la nuova terra e il nuovo cielo che Dio sta costruendo per i suoi amati figli. Possiamo chiedere al Signore di potenziare in noi la capacità di vedere in profondità, aiutandoci a crescere nella capacità di “contemplare”. Con un occhio ammaliato dallo stupore, anche una giornata qualunque diventa una esperienza eccezionale, con un occhio appesantito dal grigio demone della noia anche la cosa più bella al mondo diventa una cosa accanto alle altre. Si diventa ciò che si contempla, scriveva G. Flaubert, e se diventiamo con l’aiuto del Signore capaci di contemplare la bellezza della Sua presenza negli avvenimenti grandi come nelle pieghe umili delle nostre giornate, davvero diventiamo capaci di vederlo e di credere in lui. Francesco aveva capito tutto questo e ce ne da testimonianza con la sua vita. Scrive Tommaso da Celano che Francesco cercava sempre qualche luogo nascosto, dove poter orientarsi verso Dio, “non soltanto col suo spirito, ma con le singole membra. E se all’improvviso si sentiva visitato dal Signore, per non rimanere senza cella, se ne faceva una piccola col mantello. E se a volte era privo di questo, ricopriva il volto con la manica, per non svelare la manna nascosta” (II Cel. ff. 681). Aveva conosciuto Dio e tutto il suo essere, mente, cuore, corpo erano attraversati da questa conoscenza appassionata e totalizzante. Ma era proprio grazie a questa conoscenza che la sua testimonianza era efficace. 

Caro Gianluca il tuo servizio diaconale si compia secondo le prospettive contenute nella Scrittura e che il grande Francesco di Assisi ha incarnato in maniera sublime. Accogli la piccolezza come condizione per conoscere di più Gesù, il nostro Signore e Salvatore e per incarnare ancora di più il Vangelo del servizio che prende forma nell’Ordine del Diaconato che stai per ricevere. E ti accompagnino in questo cammino la nostra amicizia e le nostre preghiere. Amen!

 

+ Giovanni Checchinato

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