Mons. Francesco Nolè rivolge gli auguri pasquali, nell’impossibilità di incontrarli per la Santa Messa del Crisma
Carissimo fratello e padre, Mons. Salvatore,
Carissimo fratello, Mons. Augusto,
Carissimi fratelli sacerdoti (diocesani e religiosi),
diaconi e seminaristi,
il Signore vi dia pace!
E’ il primo anno, a mia memoria, che celebriamo il Triduo Pasquale fisicamente separati dai nostri fedeli e tra di noi, anche se spiritualmente, forse, ci sentiamo ancora più uniti e desiderosi di abbracciarci al più presto.
E’ triste celebrare nelle chiese vuote, sapendo che i fedeli sono altrove, chiusi nelle proprie case o addirittura senza casa!
Come non pensare alle immagini e alle parole di Papa Francesco che, da solo, in una serata uggiosa e in una piazza insolitamente vuota, rappresenta l’unica speranza e l’unica certezza nel deserto delle piazze e delle strade del mondo, e nelle nostre case in cui si raccolgono persone impaurite e preoccupate, come su una barca in balia delle onde, con Gesù che dorme e che sembra non interessarsi della nostra condizione disperata.
Rileggiamo con calma sia il brano del Vangelo di Marco (4, 35 – 41), sia il commento del Papa; abbiamo tutto il tempo che ci serve, perché sono convinto che questo discorso, con le immagini che lo hanno accompagnato, rimarrà nella storia e segnerà per sempre un’epoca con un prima e un poi che cambieranno la nostra vita per i prossimi decenni.
Il pensiero che deve consolarci, in questi giorni di attesa e di spazi ristretti, è che finalmente i nostri cristiani possono sperimentare e riscoprire la bellezza di stare in famiglia, ma anche la gioia di un pasto condiviso da tutti e la riscoperta di avere delle persone care a cui affidarsi e confidare tanti aspetti della propria vita.
In questa Pasqua particolare i nostri fedeli scopriranno anche di essere un popolo sacerdotale, dovendo celebrare la Pasqua da soli nelle case, realmente trasformate in “Piccole chiese domestiche”, così come abbiamo suggerito di fare nel sussidio preparato dall’Ufficio Famiglia Diocesano, indicando dei piccoli gesti per ogni giorno santo del Triduo.
Certamente ci sentiremo in comunione con loro ed essi con noi e con tutta la Chiesa, soprattutto se assisteranno alle Celebrazioni del Papa e alle nostre, attraverso i tanti mezzi di comunicazione ampiamente utilizzati anche da voi in questo periodo.
Ma dobbiamo confessare che i nostri fedeli ci mancano!
E questo desiderio deve spingere il nostro sguardo al dopo, quando non potremo più pensare e vivere la Chiesa e le nostre comunità senza la loro fattiva e decisiva partecipazione alla missione evangelizzatrice, al fine di edificare l’unico corpo di Cristo. Non più spettatori o consiglieri, ma protagonisti preparati per una ri-evangelizzazione che ci deve vedere impegnati tutti, anche se a titolo diverso. Il “dopo”, comunque, lo si costruisce soprattutto oggi.
Permettetemi perciò di prendere spunto dalla Parola di Dio per rivolgervi un invito che ritengo importante: «figlio mio, non disprezzare la correzione del Signore e non ti perdere d’animo quando sei ripreso da Lui, perché il Signore corregge colui che Egli ama, e sferza chiunque riconosce come figlio» (Pr 3, 11-12).
Devo confessarvi, con un po’ di imbarazzo, che alcuni fedeli si sono lamentati della poca vicinanza dei propri parroci in alcuni momenti di necessità della loro vita spirituale, come per esempio, la morte di una persona cara, o riguardo ad esigenze e difficoltà di altro genere.
Suggerisco di avere un po’ più di attenzione a questi problemi, magari rispondendo sollecitamente al telefono o comunque rendendosi presenti in qualche modo, per dire che siamo vicini e solidali con chi soffre e cerca una parola di speranza.
Ma certamente ci sono anche tante comunità che godono della presenza sollecita ed attenta dei loro sacerdoti, e per questo vi ringrazio e vi invito ad essere sempre più vicini a loro, per vivere davvero la comunione ecclesiale, anche al tempo del coronavirus!
Oggi avremmo dovuto celebrare la Messa crismale, che ovviamente rimandiamo a data da destinarsi, ma non sarà la stessa cosa, per cui ho pensato di raggiungervi ugualmente per farvi sentire la mia vicinanza e il mio affetto, in preghiera con ciascuno di voi, per rafforzare la comunione con Gesù che ci ha chiamati ad essere in Lui «un solo corpo e un solo spirito» (Ef 4, 4).
In questi giorni ho voluto raggiungervi tutti telefonicamente e, scorrendo l’elenco dei vostri nomi, ho potuto far memoria dei vostri volti, delle vostre storie personali, familiari e pastorali, dei vostri sacrifici e delle vostre gioie, insomma della vita di ciascuno di voi, così come vi ho conosciuti in questi cinque anni che il Signore ci ha dato di vivere insieme.
Rendo grazie al Signore per i tanti doni ricevuti insieme a voi, ma anche di qualche sofferenza ugualmente con voi condivisa.
Il solo pensiero della grandezza e della sublimità del ministero sacerdotale che ci ha indegnamente donato, ci induce quotidianamente a ringraziarLo e a lodarLo per tutta la vita.
Che meraviglia: la sua grandezza a noi partecipata e la nostra debolezza da Lui esaltata!
In questa ottica di grazia, tutto diventa più dolce e più accettabile, anche le nostre debolezze e le nostre fragilità, i nostri acciacchi e i nostri anni che scorrono veloci…
Basta fare un po’ di pulizia e rimuovere la polvere che a volte ha oscurato la nostra vita e la nostra dignità sacerdotale e tutto diventa più gioioso e trasparente davanti a Lui e tra di noi!
Concludo dicendo a tutti e a ciascuno: “vi voglio veramente bene. Siete voi, infatti, i fratelli e i figli che il Signore mi ha donato per questo mio ultimo tratto di vita episcopale, come potrei non amarvi ?!”.
Vorrei abbracciarvi tutti, ma non si può ancora. Speriamo di poterlo fare al più presto!
Santa e felice Pasqua, vissuta in comunione sincera e profonda con il Risorto e tra di noi, con la preghiera di estendere alle vostre famiglie e alle vostre Comunità i più cordiali auguri pasquali. Il Signore è veramente risorto. alleluia!
Cosenza, 8 aprile 2020
Mercoledì Santo
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