Lo Stemma

Verrà a visitarci dall’alto

un sole che sorge

per rischiarare quelli che stanno nelle tenebre

e nell’ombra della morte

e dirigere i nostri passi

sulla via della pace»

(Lc 1,78-79). 

Blasonatura dello Stemma dell’Arcivescovo Metropolita

Lo scudo è cosi araldicamente descritto: d’azzurro, alla spiga di tre pezzi d’oro, fogliata di due pezzi dello stesso, nodrida da una pianura di verde posata su di una palude d’argento movente dalla punta, accompagnata nel cantone destro del capo da un’ombra di sole e in quello sinistro da una stella (8): il tutto d’oro. 

Il motto: VERITAS LIBERABIT, che è in lettere maiuscole lapidarie romane di nero, è caricato su di un cartiglio al naturale posto in punta. In punta allo scudo è collocato il Pallio: insegna della Giurisdizione Metropolitana e segno di Comunione con il Romano Pontefice. È rappresentato da un nastro di lana bianca circolare, con due pendenti nella parte anteriore e posteriore, terminanti con due lingue di nero e caricato o “ornato” di crocette patenti sempre di nero.

Lo scudo, accollato ad una croce doppia trilobata d’oro e gemmata d’azzurro, è timbrato da un cappello prelatizio (galero) di colore verde, dal quale pendono 20 (venti) fiocchi, (10 [dieci] per lato), dello stesso colore, disposti 1, 2, 3, 4. Gli ornamenti esteriori su descritti, in araldica indicano la Dignità Arcivescovile.

L’idea e la realizzazione è stata curata dal grafico araldista Giuseppe Quattrociocchi.

Esegesi araldica dello Stemma dell’Arcivescovo Metropolita

L’araldica dello stemma presenta anzitutto l’immagine del sole: «Verrà a visitarci dall’alto un sole che sorge per rischiarare quelli che stanno nelle tenebre e nell’ombra della morte e dirigere i nostri passi sulla via della pace» (Lc 1,78-79). Cristo, luce del mondo, è il sole di giustizia e di verità che rischiara il mondo e ne rivela il suo orientamento al Padre. È la grazia che salva e rende feconda ogni esistenza. Egli è la luce degli uomini, colui che apre gli occhi ai ciechi (cf. Is 42,6s; 49,6; Gv 9) e manifesta ai fratelli l’amore di Dio. È colui che vince la morte – ogni morte – e dona a tutti la pace messianica.

«Se rimanete nella mia parola, siete davvero miei discepoli; conoscerete la verità e la verità vi farà liberi» (Gv 8,31-32). La sua Parola è la luce che illumina i cuori, la verità che rende liberi. È, infatti, il Figlio che rivela l’identità nostra come figli di Dio, liberandoci dalla menzogna che ci rende schiavi di una falsa immagine di Lui e di noi. Questa verità è la grazia di Dio incarnata nella nostra esistenza, che nutre e trasfigura la vita e i luoghi che abitiamo. 

La presenza della stella è il segno della devozione verso la Madonna del Soccorso, Patrona della Diocesi di San Severo, e verso la Madonna del Pilerio, Patrona dell’Arcidiocesi di Cosenza – Bisignano; ricordando la celebre espressione di S. Bernardo, «guarda la stella, invoca Maria», la “stella che annuncia il sole di giustizia” (inno akatistos), la Vergine Maria, è icona della Chiesa, chiamata dal Vangelo ad essere «sale della terra e luce del mondo» (Mt 5, 11-12).

Le tre spighe rappresentano poi il mistero della Trinità. E’ un riferimento alla vita divina che germoglia in ciascuno di noi in virtù del battesimo (richiamato dall’argento nella punta dello scudo), lì dove per grazia di Dio siamo chiamati a vivere e a portare frutto.​

Il verde e l’argento nella punta dello scudo ricordano l’Agro Pontino, luogo di nascita e del ministero presbiterale del vescovo Giovanni; come la bonifica ha reso fertile la pianura a sud di Roma, così la grazia di Dio redime e ridona nuova vita a tutti coloro che l’accolgono con disponibilità.