Omelia in occasione del 175° anniversario della morte di Bernardo Maria Clausi – Paola 22 dic. ’24

Alle porte del natale, nella quarta domenica di Avvento, la Liturgia ci mette davanti agli occhi Maria che si reca velocemente dalla cugina Elisabetta, per condividere una bella notizia e per mettersi a servizio della parente già avanti negli anni e incinta. È un invito anche per noi, in questi giorni che precedono il natale, a vincere la tentazione della frenesia dell’acquisto compulsivo per metterci in moto nel nostro cuore, verso il centro vero della nostra vita, dove siamo nella postazione giusta per ascoltare e accogliere il Verbo che attendiamo. E così il cammino di Maria diventa paradigma del nostro cammino umano, del nostro percorso di fede davanti a cui si pone, come per Maria, la regione montuosa, in qualche maniera la dimensione simbolica delle difficoltà della vita. Non ci sono solo le difficoltà oggettive per una giovane donna che dalla Galilea deve salire fino alla Giudea, certamente ridotte per il cammino fatto in carovana, non così agevole, ma sempre meglio che da soli, preda sicura di briganti e ladri; ci sono infatti anche le difficoltà rappresentate da tutto quanto è successo dopo l’incontro inaspettato con l’Arcangelo Gabriele a Nazaret. Se immaginiamo Maria concentrata nel suo intimo mentre riceve l’annuncio, il Vangelo ora ce la rende come dinamica donna in movimento, che non si fa paralizzare da ciò che accade ma è pronta a reagire con la sua vita, aprendosi agli altri, giocandosi con tutta se stessa. Le difficoltà talora ci paralizzano e ci fanno chiudere nel nostro mondo: così poteva essere anche per lei, certamente oggetto inizialmente dell’incomprensione di Giuseppe, ma soprattutto dell’incomprensione del villaggio, delle tradizioni e dei modi di pensare così forti nei villaggi di allora come oggi. Avrà dovuto fare i conti con le perplessità che ben conosciamo anche noi quando, dopo aver fatto una scelta, ci siamo ripetuti più volte “avrò fatto bene o avrò fatto male?”, un pensiero che ci conduce a ripercorrere frammento per frammento ogni singolo fotogramma di quella esperienza che ha cambiato la nostra vita. Eppure Maria è testimone di una forza che non solo non la paralizza, ma la conduce “in fretta” alla città di Giuda, a trovare la cugina Elisabetta. Non viene trattenuta dal pensiero negativo e ostile che potevano avere i suoi compaesani, ma viene resa libera giorno dopo giorno da una Parola che l’ha resa segno di speranza per l’umanità. Se andiamo a sbirciare nella vita del nostro Bernardo Maria di cui celebriamo il 175° anniversario della morte, scopriamo che le sorprese e i contrasti nella vita non gli sono mancati. Nasce a san Sisto dei Valdesi, contrada di san Vincenzo la Costa, nel 1789 e nel 1805, a 16 anni entra nel Convento di Paola, dove studia e compie il noviziato. Ma nel 1809 si ha la soppressione degli ordini mendicanti e quindi viene soppressa anche la realtà paolana. Bernardo Maria rientra a san Sisto, in famiglia e vive da religioso; riprende gli studi con un sacerdote anziano. E già questi semplici dati sarebbero sufficienti a giustificare la fatica, la delusione, la rassegnazione. Tutti sentimenti che conosciamo bene, perché ognuno di noi ne ha fatto esperienza, perché li proviamo non solo nella nostra vita personale, ma anche nella vita sociale quando, anche noi vittime della rassegnazione davanti alle fatiche del presente ci rifugiamo nel rimpianto di un passato che non c’è più o di un futuro che non è nelle nostre possibilità ed esce dal nostro cuore e dalle nostre labbra una parola mortifera, l’avverbio ormai. Nel brano evangelico ascoltiamo la storia di Maria che non si lascia andare, ma che prende in mano la sua storia e va, nella storia del Beato ascoltiamo la testimonianza di una persona che ha fatto tesoro del rapporto con il Signore e che avrà detto nel profondo del suo cuore, quanto la seconda lettura ci dice riferendolo a Cristo: «Tu non hai voluto né sacrificio né offerta, un corpo invece mi hai preparato. Non hai gradito né olocausti né sacrifici per il peccato. Allora ho detto: “Ecco, io vengo per fare, o Dio, la tua volontà”». Affidato a Dio e alla potenza della Sua Parola. Affidato a lui e a nessun altro. Si affaccia ancora una novità: nel 1811 è arruolato con compiti di vigilanza. Conserva, irreprensibile, il suo profilo di uomo votato a Dio. 

Nel vangelo, accanto a Maria spicca la figura di Elisabetta, sterile e avanti negli anni: anche lei in qualche misura incarnazione dell’umanità delusa dalla incapacità di portare frutto. Ma Elisabetta non è rimasta chiusa nella frustrazione della sua esperienza umana deludente, mancante del raggiungimento dei propri obiettivi, ma resta aperta alla vita, e si interroga. La domanda che pone a Maria che viene a visitarla “a che cosa devo che la madre del mio Signore venga da me?” rivela un cuore che sa ascoltare e porre domande, un cuore aperto alla decifrazione del bene presente nel mondo e nella storia; e certamente questa domanda è risuonata più volte nel suo cuore dopo aver verificato la novità della vita che lievitava nel suo corpo, come ci racconta il Vangelo: “dopo quei giorni Elisabetta, sua moglie, concepì e si tenne nascosta per cinque mesi e diceva: «Ecco che cosa ha fatto per me il Signore, nei giorni in cui si è degnato di togliere la mia vergogna fra gli uomini».” Anche Elisabetta è segno di un bene che accade senza le nostre strategie, un bene che va individuato ed accolto, nonostante si collochi in altri contesti rispetto a quelli per i quali ci eravamo preparati. Ed è così anche per Bernardo Maria, che si chiama ancora con il suo nome di battesimo, Vincenzo. Viene ordinato sacerdote sicuramente prima del 1818 dall’arcivescovo di Catanzaro in Monteleone -oggi Vibo Valentia- perché il vescovo di Cosenza è assente e dal 1818 al 1827 appartiene alla diocesi di Cosenza, impegnato nella parrocchia di san Sisto. Intanto, nel 1815 riapre – primo in Calabria – il monastero di Paola e don Vincenzo vorrebbe tornarvi ma il Vescovo non è disposto a privarsi di questo zelante sacerdote. Disposto a cambiare i percorsi della sua vita, pur di arrivare alla meta. Libero e aperto di fronte a chi ha responsabilità di dire il suo pensiero, e di restare nella fedeltà dell’obbedienza per il bene del regno di Dio che viene. E così, dopo aver ricevuto il nulla osta del vescovo, don Vincenzo torna a Paola il 2 settembre 1827, dove sarà padre Bernardo Maria Clausi. Ha già 38 anni E per quella misteriosa rete che lo Spirito solo sa tessere fra persone differenti fra loro per sensibilità, appartenenza geografica, entra in contatto con san Vincenzo Pallotti, la beata Elisabetta Sanna, la beata Anna Maria Taigi, e don Giovanni Merlini (anche lui beato il prossimo 25 gennaio). La fedeltà a Dio si trasforma in benedizione per coloro che incontriamo: Elisabetta pronuncia parole di benedizione e Maria risponde magnificando Dio per le grandi cose che compie in coloro che si fidano di Lui e della sua potenza. E la fedeltà a Dio di Padre Bernardo Maria diventa soccorso e intercessione per gli ultimi e i poveri, vicinanza per i malati (in maniera particolare a Napoli in occasione del colera) perdono sacramentale per i bisognosi della misericordia di Dio, preghiera per i poveri di speranza. 

Maria, Elisabetta e Bernardo Maria intercedano per noi presso il Padre per ottenerci il dono di una fede capace di incarnare la storia, di renderci donne e uomini che sanno fecondarla con la loro presenza e testimonianza e benedirla per i grandi segni che in essa Dio compie, forti solo di quella misericordia che ci salva, oltre le nostre attese e ben oltre la nostra immaginazione. Come ci ricorda la bolla di indizione del Giubileo che si aprirà fra qualche giorno “Lasciamoci fin d’ora attrarre dalla speranza e permettiamo che attraverso di noi diventi contagiosa per quanti la desiderano. Possa la nostra vita dire loro: «Spera nel Signore, sii forte, si rinsaldi il tuo cuore e spera nel Signore» (Sal 27,14). Possa la forza della speranza riempire il nostro presente, nell’attesa fiduciosa del ritorno del Signore Gesù Cristo, al quale va la lode e la gloria ora e per i secoli futuri. AMEN!

condividi su