Mons. Nolè nella celebrazione del 4 maggio: quest’anno San Francesco vuole che lo preghiamo nel cuore

L’Arcivescovo di Cosenza – Bisignano ha presieduto la Celebrazione Eucaristica nella Festa di San Francesco di Paola, Patrono della Calabria. Ecco il video della celebrazione ed il testo dell’Omelia.


Santuario di Paola, 4 maggio 2020

Carissimo Fratello Mons. Giuseppe Morosini, carissimo P. Francesco Trebisonda, Correttore Provinciale dei Minimi, religiosi, Rappresentanti delle istituzioni, Regionali e comunali, carissime sorelle Minime Claustrali, fedeli appartenenti al Terz’Ordine dei Minimi, laici devoti di S. Francesco, che ci seguite dalle vostre case, attraverso i mezzi di comunicazione: pur se in modo diverso, anche oggi, 4 maggio, siamo tutti a Paola!

 «Si rallegri il deserto e la terra arida, esulti e fiorisca la steppa».

Come vorremmo che queste parole del profeta Isaia, si realizzassero anche oggi nella nostra vita, nelle nostre città, nelle nostre case, paralizzate e sospese a causa della pandemia che ci ha colpito in maniera così dolorosa.

Abbiamo appena celebrato la Pasqua, e noi cristiani sappiamo che Gesù, attraverso la sua morte e risurrezione, ha trasformato il deserto del peccato e della morte in un’opportunità di rinascita per una vita nuova senza fine, perché ci ha riportati alla dignità di figli di Dio!

San Francesco di Paola, che oggi festeggiamo come nostro glorioso Protettore, della Diocesi, della città di Paola e della Calabria intera, viveva quotidianamente unito al  mistero di Gesù morto e risorto, ha partecipato della Sua vita per poi donare speranza e conforto, non solo al popolo francese che, nella primavera del 1483 era stata colpito da una funesta epidemia di peste, ma con tanti altri prodigi ottenuti dal Signore mediante la sua potente intercessione, per lenire le ferite della vita e ridare gioia a chi viveva nell’angoscia.

Vorremmo certamente che tutto questo avvenisse anche per noi oggi, ma siamo certi che il vero miracolo che il nostro Santo può ottenerci in questo tempo va ben oltre il nostro desiderio e i nostri bisogni. Al re di Francia Luigi XI, che attendeva con fiducia la guarigione del corpo, concesse qualcosa di ben più grande: la salvezza dell’anima! Vogliamo perciò riflettere su quanto ci ha lasciato con l’esempio della sua vita coerente con il Vangelo, di cui tutti dovremmo essere annunziatori  e testimoni.

Una delle caratteristiche della spiritualità del Santo di Paola potremmo riconoscerla attraverso l’immagine della “grotta” o degli ‘eremi’, ancora visibili in alcuni santuari minimi, come luoghi di preghiera, di contemplazione, di incontro con Dio, di rifugio dopo la frenetica attività apostolica. Il rifugiarsi nella grotta è stata un’esperienza costante in tutta la sua vita religiosa, nei vari conventi che visitava ed in cui viveva. La grotta era per lui uno strumento indispensabile per mantenere l’equilibrio personale di vita attiva – contemplativa, per poter coniugare bene preghiera e azione, primato di Dio e servizio ai fratelli, armonizzando così in maniera feconda la fede e la carità.                              

Francesco sapeva che nella grotta avrebbe sempre ritrovato il Cristo, povero ed umile, a cui si è conformato nel corso di tutta la sua vita: «venite a me, voi tutti che siete stanchi ed oppressi, ed io vi darò ristoro: imparate da me che sono mite ed umile di cuore e troverete ristoro per la vostra vita»: sono le parole del Vangelo appena proclamato. Francesco, recandosi nella grotta, attingeva forza e ristoro, perché nel silenzio e nel raccoglimento incontrava Cristo Gesù, imparava l’umiltà del cuore e viveva dell’essenziale, per mantenere sempre viva e fedele la sua vocazione di eremita orante ma anche di operatore di pace e di carità, sollecito a soccorrere i fratelli nelle loro necessità.

Ma quale può essere oggi la nostra grotta, in questo periodo di pandemia?

Un luogo personale, in cui ritrovare noi stessi e riequilibrare i valori che muovono i desideri e motivano le nostre scelte. Può essere, ad esempio,  la nostra coscienza, che, come ci insegna la teologia, è la voce stessa di Dio, ma anche la preghiera intima e personale, l’ascolto attento e la meditazione della parola, la partecipazione al sacrificio eucaristico, per come le circostanze attuali ce lo permettono. Ma, per le persone che in questo periodo hanno vissuto l’esperienza piacevole -ed allo stesso tempo faticosa- della clausura con i propri congiunti, può essere anche l’intimità familiare.

Quante difficoltà nella convivenza di questi giorni, dettate da disaccordi, egoismi, rancori del passato, infedeltà rinfacciate, bisogni materiali, superficialità, dipendenze, nervosismi. Abbiamo bisogno tutti di gustare il “ristoro” di Gesù, della sua pace, e non possiamo pensare di ottenerla senza cercare la sua presenza.

Dovremmo lasciarci guidare dallo Spirito di Dio, che ha plasmato il cuore dei santi; Lui ci renderà umili, pazienti, obbedienti, e ci indicherà la porta della nostra grotta: Cristo stesso. Nel Vangelo della domenica del buon pastore che abbiano ascoltato ieri, Gesù ci ha detto: «io sono la porta delle pecore».

 Ad indicare questo passaggio, oggi, in questo giorno così particolare per tutti i calabresi, è San Francesco: quante immagini, nella città di Paola e lungo le vie dei luoghi in cui è forte la sua devozione, lo rappresentano mentre con il suo dito indica una via, una strada, una direzione, o sulla porta stessa della città, a perenne custodia e a garanzia che il nostro incontro con Dio avvenga e ci porti salvezza.

Inoltriamoci, allora, con fiducia e speranza, nel solco di quel cammino di santità e di rinnovamento che il nostro santo protettore ha tracciato nella storia della nostra regione così come in quella dell’ Occidente cristiano.

Stiamo ancora vivendo il tempo giubilare del V centenario della Canonizzazione di S. Francesco, celebrata nella Basilica di San Pietro il 1 maggio 1519. Questo evento di grazia per la Chiesa universale è avvenuto in un tempo storico molto particolare e, come aveva affermato il Papa Leone X, “non senza un certo piano divino”.  L’esempio del Santo Calabrese, infatti, incoraggiava la Chiesa, nei turbolenti anni del Cinquecento, a sostenere la  lotta contro il demonio, la carne, il mondo, a rinnovarsi interiormente, non tanto con lo spirito di polemica e di ribellione del mondo protestante – contro cui, proprio in quell’anno, fu pronunciata la famosa scomunica – ma con l’esperienza radicale dell’obbedienza, di cui Francesco, per più anni della sua vita e in diverse forme di sacrificio, ne è divenuto figlio. Come Francesco di Assisi, egli ha voluto riformare la Chiesa amandola come Madre, con l’ obbedienza di figlio.

Anche 500 anni dopo, in un periodo storico non meno difficile e complesso, la voce di Francesco è un richiamo all’obbedienza, valore da riscoprire in diversi ambiti della nostra vita: la famiglia, la Chiesa, la società civile, la coscienza di ciascuno. Solo così riusciremo a sopravvivere a questo momento di disorientamento e di paura. L’obbedienza, che ha come vero modello Gesù,  ci rende davvero capaci di mettere in pratica la virtù della carità, che, come ci ricorda San Paolo nella II lettura di oggi, “non avrà mai fine”.

L’obbedienza ci unisce, ci rende più forti, forse addirittura invulnerabili non solo al pericolo del virus, ma anche alle conseguenze sociali che deriveranno dalla chiusura a causa dei contagi; ecco perciò il senso delle nostre celebrazioni in forma ridotta, i sacrifici nel non vedere parenti e  amici, le rinunce, la ripresa graduale, con prudenza, ma allo stesso tempo con lungimiranza: con “pazienza e obbedienza” alle leggi, ci ricordava il Papa Francesco qualche giorno fa!

In particolare il sofferto digiuno eucaristico di questi giorni può farci riflettere su quante volte ci siamo accostati al corpo di Cristo con superficiale leggerezza o non pienamente in grazia di Dio e in sintonia con il Vangelo.

Le biografie di San Francesco ci ricordano invece che la sua giornata era scandita dalla partecipazione alla celebrazione dell’eucaristia, e spesso sostava molte ore in adorazione, prima e dopo aver partecipato alla Santa Messa.

So che molti di voi avrebbero voluto recarsi qui a Paola, proprio oggi, 4 maggio, partecipare fisicamente a questa celebrazione, nel giorno in cui folle numerose, anche da lontano, accorrono in questo luogo a rendere omaggio al Santo protettore dei Calabresi; ma vorrei comunque incoraggiarvi a scorgere nella sua vita e nella sua figura un messaggio di speranza, vivo e più che mai attuale.

Per questo anno, come affermavo nel messaggio del 2 aprile scorso,           San Francesco vuole che lo festeggiamo nel nostro cuore per scoprire sempre di più il segreto della sua santità, con la preghiera, la lettura della sua vita e la possibilità di poter fare anche noi un cammino di conversione e di amicizia con Dio.

Forse, spesso, la nostra partecipazione si fermava alla sola presenza orante e a qualche gesto devozionale; quest’anno S. Francesco ci invita riflettere di più sul senso vero della nostra fede, perché si trasformi in carità, in perdono, in misericordia, in amore che si dona e nulla chiede per sé!

Voglio perciò oggi raccogliere la voce e la preghiera di tutti voi calabresi,  dei Confratelli Vescovi della Conferenza Episcopale Regionale, oggi qui rappresentata da noi due,  e che ringrazio anche a nome del Correttore Provinciale, per aver accettato con entusiasmo la richiesta di elevare questa Basilica a Santuario Regionale.

Voglio raccogliere la voce e la preghiera dei frati minimi, a cui rivolgo il mio saluto e la mia gratitudine per la pazienza e la generosità che ci dimostrano anche in questo periodo di difficoltà, dei tanti sacerdoti calabresi ed in modo particolare dei parroci e dei cittadini della città di Paola, dei devoti e di tutti coloro che ci seguono attraverso i mezzi di comunicazione – ammalati, sofferenti, medici, infermieri, personale sanitario, le forze dell’ordine, i militari, i volontari…e tanti uomini e donne generosi che in questi giorni sono il volto bello dell’Itali a che crede, che spera, che ama, pur con la sofferenza nel cuore.

San Francesco, luce della Calabria, interceda per noi, per questa bella Regione, per la sua città, e ci conceda un cuore umile ed obbediente, che trova posto nel cuore di Cristo; perciò, in comunione con tutti voi, voglio rivolgere a Lui, nostro Santo glorioso, “l’inno armonioso che sorge dal cuore”: «prega per noi, o San Francesco e noi saremo sempre con Te». Amen.